La voce di NORISK SCF – Effetto settembre, bond e sfide per l’industria automobilistica

Effetto settembre, bond e sfide per l'industria automobilistica

La voce di NORISK SCF – Effetto settembre, bond e sfide per l’industria automobilistica

Come era presumibile dopo un Agosto che aveva aperto in forte correzione e chiuso con un recupero quasi totale, Settembre ha riproposto nuova volatilità e dubbi sul trend rialzista che dura da molti mesi.

Sappiamo che statisticamente l’indice S&P 500 a Settembre:

  • Dal 1928 ha registrato un calo medio dell’1%;
  • Negli ultimi 25 anni la performance media è migliorata attestandosi a -0,4%.

La prima settimana l’indice S&P 500 ha chiuso a -4,3% confermando, almeno per ora, la statistica storica.

Il calo sin qui è stato generalizzato a livello dei mercati azionari come si vede dalla tabella che segue.

Tabella delle performance settimanali dei principali indici azionari globali, con cali generalizzati e Nasdaq e Nikkei tra i peggiori

Gli indici peggiori sono stati il Nasdaq e ancora una volta il Nikkei giapponese, ma nessuna borsa ha chiuso positivamente.

Qui di seguito lo spaccato dei settori dello S&P 500.

Non ci deve stupire che la tecnologia con un -7,1% sia il settore peggiore visto che è quello salito maggiormente negli ultimi 2 anni.

Lascia invece un po’ più perplessi il forte calo del settore energy che vede il petrolio sia WTI che Brent decisamente sotto pressione.

Grafico del prezzo del petrolio nell'ultimo anno, che mostra un calo ai minimi, con riflessioni su recessione o rallentamento economico

Come si vede dal grafico il petrolio è ai minimi da 1 anno: rallentamento o recessione in vista?

In questa ultima settimana di turbolenza sui mercati azionari e del petrolio hanno giocato bene il loro ruolo difensivo e di decorrelazione i bond governativi e l’oro (saliti di prezzo i primi e stabile il secondo).

La domanda però inevitabile sui bond è la seguente: con i prezzi così aumentati e i rendimenti così schiacciati verso il basso siamo sicuri che sia un’ asset class così “attraente” ai livelli attuali?

Detto meglio: chi ha comprato bond 12-18 mesi fa benissimo, ma oggi ci sono più rischi o più opportunità?

Partiamo dall’Europa dove i tassi BCE sui depositi sono al 3,75%.

Tabella titoli di stato a 2 anni (rendimenti colonna in azzurro)

Tabella dei titoli di stato a 2 anni per vari paesi, con rendimenti mostrati in azzurro e variazioni di prezzo

La Germania, che è il benchmark UE, a 2 anni rende 2,22% contro 3,75% tasso BCE. L’Italia rende “appena” 2,698%. Il mercato sconta quindi tagli per 1,5% circa da parte della BCE. Di fatto il mercato è “avanti” di 150 punti base. Bella scommessa con rischio delusione qualora la BCE non tagliasse di quell’entità.

Se facciamo un viaggio dall’altra parte dell’oceano negli Stati Uniti siamo più o meno nella stessa situazione: i tassi FED sono 5,25%-5,50%. Il titolo di stato a 2 anni US rende circa il 3,7%. Anche qui come in Europa il mercato sconta tagli da 1,5% circa. Domanda analoga: siamo sicuri che la FED taglierà così tanto?

In sostanza: azioni in fase correttiva, bond che salgono senza correzioni con rendimenti in costante discesa, oro ai massimi, petrolio (e anche rame) in forte calo.

Quello che stiamo osservando è il comportamento tipico di chi intravede una recessione o un forte rallentamento dell’economia.

Concludiamo questa parte con i tassi UE governativi a 10 anni

Tabella dei tassi governativi UE a 10 anni per vari paesi, con rendimenti e variazioni di prezzo

Se i rendimenti a 2 anni erano “scarsi”, quelli a 10 sono pessimi e sembra di essere tornati indietro a qualche anno fa.

Ha senso comprare Germania a 10 anni per avere il 2,17%? O Francia al 2,87%? Persino l’Italia rende appena il 3,62%. Nulla di reale interesse.
Peggio che mai i bond corporate che hanno rendimenti scarsi e tassazione al 26%.

Ricordiamoci la lezione del 2022: comprare bond a lungo termine con bassi rendimenti (allora ben più bassi di oggi) rischia di vedere perdite in conto capitale e di dover tenere i bond a scadenza.

La sostanza è che oggi, Norisk, segnala un “campanello d’allarme” per gli amanti del bond: il rischio di avere una quota importante di bond in PF inizia ad essere più alto, soprattutto per chi abbia bond a medio-lungo termine.

In ottica di corretto risk management ha senso usare il calo sull’azionario per gradualmente ridurre i bond a medio-lungo e incrementare di qualche punto le azioni.

Va ancora bene il cash che “non ha duration” e che in Euro rende ancora un 3,6% lordo fino a quando la Bce non taglierà ulteriormente.

Il cash remunerato, come ricordiamo da tempo, è utile per :

  • Comprare azioni a seguito di cali di media-forte entità;
  • Comprare bond di medio-lungo termine quando i tassi salgono.

Il settore auto e le crescenti problematiche

Il settore auto post Covid ha visto nei primi periodi bilanci in forte miglioramento per la vendita di meno vetture a prezzi più alti visto che in quel periodo l’offerta di chip e di prodotto erano insufficienti. Si comprava quello che si trovava a qualunque prezzo e con attese lunghe.

Negli ultimi mesi è apparsa nettamente le tendenza seguente:

  • L’elettrico non sfonda senza aiuti di stato ed è in rallentamento dappertutto in UE;
  • Si vendono molte meno vetture rispetto all’epoca pre-covid;
  • Il diesel è stato abbandonato sia dai costruttori che dai consumatori che temono di acquistare una vettura che non può più circolare;
  • Stellantis prima e VW poi stanno certificando una crisi senza precedenti e in Germania VW sta pensando, per la prima volta nella storia, di chiudere dei siti produttivi;
  • Volvo ha “gettato la spugna” e ha deciso di rallentare la transizione all’elettrico (casa posseduta dai cinesi e più avanti nel settore EV).

Sul Sole 24 ore di sabato c’è scritta una triste realtà: i costruttori devono vendere un mix prodotto (tra termiche, ibride ed EV) che stia sotto i 116 gr/Km di CO2.

Ebbene, dal 2025, il limite scende del 19% a 94 gr/ km: tale limite è sostanzialmente irraggiungibile per quasi tutti. Espone le case a multe miliardarie se “sforano”.

Le soluzioni:

  • “Non vendere” macchine termiche e chiudere le fabbriche;
  • Vendere elettriche in misura esponenzialmente maggiore (la gente senza sconti e incentivi non le compra);
  • Comprare crediti “green” da società come Tesla che “non inquina”.

La sostanza è che o gli stati pagano la transizione con fondi pubblici o non ci sarà alcuna transizione e in compenso avremo l’industria automotive (e quella dell’acciaio) che non potrà più essere localizzata in Europa e/o vendere qui se non numeri marginali. Diventeranno tutti BMW o Mercedes?

Concludiamo con tre grafici: STM (chip per auto) vs SEMICONDUTTORI

Grafico comparativo delle performance di STM (chip per auto) e semiconduttori globali negli ultimi due anni

 

Grafico performance costruttori generalisti

Grafico delle performance a 5 anni dei costruttori generalisti

 

Grafico costruttori premium

Tabella delle performance settimanali dei principali indici azionari globali, con cali generalizzati e Nasdaq e Nikkei tra i peggiori

Andrea Boffa
andrea.boffa@norisk.it