La voce di NORISK SCF – Dazi, oro e finanza tra turbolenze globali e sorprese italiane

La voce di NORISK SCF – Dazi, oro e finanza tra turbolenze globali e sorprese italiane

Nel we Donald Trump ha annunciato nuovi dazi del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti.

Vale la pena ricordare che i dazi della settimana scorsa del 25% su Canada e Messico sono stati sospesi per 1 mese. In sostanza ci dovremo abituare a dichiarazioni continue, vedremo l’applicazione concreta.

Per ora la borsa, almeno a livello generale non sta soffrendo più di tanto, anzi diverse aree del mondo e/o settori stanno recuperando, mentre è evidente che le singole società colpite dai dazi siano vendute nell’attesa di capire gli effetti sui loro bilanci.

Un indicatore fa scalpore e ci ricorda di prestare attenzione: l’oro.

Guardate il grafico a 20 anni: siamo a nuovi massimi storici e quota 3.000 usd è vicina.

L’oro è un asset particolare: non distribuisce cedole ed è quotato in dollari. Dovrebbe soffrire quando i tassi reali salgono e quando il dollaro è forte.

Dal 2022 in avanti, invece, pare un indice azionario americano: sale senza quasi mai una correzione anche in un momento di dollaro forte e tassi non particolarmente contenuti.

Non rimane che vedere al primo vero storno della borsa US come si comporterà: la sensazione è che in questa fase storica non sia un vero asset difensivo.

In Europa continua una buona performance sul mercato azionario e una parte della ragione dipende dagli ottimi numeri del settore finanziario ed assicurativo.

I dati PMI compositi UE da poco sono risaliti sopra 50 (espansione) e la componente servizi è quella che tiene a galla il continente.

L’industria continua  ad essere molto debole e la Germania viene da 2 anni di recessione, non stupisce quindi come anche da noi la manifattura sia in contrazione dagli inizi del 2023.

Ora pare che la UE stia cercando di ridurre burocrazia, compliance e oneri vari per le aziende, soprattutto per le PMI. Resta da vedere, come sempre, i tempi di esecuzione.

Quando uno legge, da indiscrezioni, che probabilmente dopo il 2035 le vetture ibride non saranno messe al bando pare la conferma della confusione che regna a Bruxelles.

La burocrazia e la compliance stanno toccando dall’agricoltura a molti settori industriali. Si salvano in parte i servizi. L’inflazione da servizi conferma che la domanda è tonica (altrimenti i prezzi dovrebbero calare).

In Gran Bretagna la BOE ha tagliato i tassi di uno 0,25% e ora siamo al 4,5% tasso decisamente più elevato di quello dell’area euro. La Brexit, anche sotto questo aspetto, non ha portato grandi vantaggi.

Le aspettative sono di altri 2 tagli dei tassi da 0,25% entro fine ’25 per un tasso finale intorno al 4% o lievemente inferiore.

Come si vede dal grafico che segue la sterlina si è rafforzata contro euro e il differenziale dei tassi a breve può essere sfruttato diversificando la parte cash-breve termine del PF in gbp.

Per concludere oggi vorrei parlarvi dell’Italia che da qualche tempo, grazie alle robuste performance di banche ed assicurazioni ( e anche dei BTP) sta dando soddisfazioni a chi abbia investito sul mercato domestico.

Qui di seguito il grafico total return dell’indice principale il FTSE MIB.

La borsa italiana, tenendo conto dei dividendi reinvestiti è su nuovi massimi. Non male per un paese che riceve sempre e solo critiche.

Indubbiamente i risultati molto robusti delle 2 principali banche Intesa ed Unicredit fotografano un paese che non va così male.

In questo particolare momento storico tutti cercano di comprare tutti mediante OPA od OPS: non c’è da stupirsi con i bilanci solidi scambiare carta contra carta ha un suo perché.

Il modello che si vuole replicare, di successo, è quello di Intesa:

  1. Banca commerciale;
  2. Wealth Management;
  3. Fondi Pensione;
  4. Assicurazioni.

Le componenti 2-4 sono sempre state ottime per i numeri del primo gruppo italiano, per il resto, il punto 1 con il famoso margine d’interesse, ci ha pensato la BCE negli anni passati alzando i tassi fino al 4%: si fanno enormi utili remunerando i conti a zero e prestando denaro a famiglie ed imprese al 4-6%.

Dietro il grande attivismo finanziario italiano c’è l’interesse per Generali.

La società, famosa soprattutto per la parte assicurativa, sta finalizzando un accordo con Natixis per una joint venture nel wealth management mettendo su una struttura con quasi 2 miliardi di euro di asset gestiti.

Chi è interessato a Generali? Tra gli altri Delfin, Caltagirone, Mediobanca, Unicredit e MPS.

Dal grafico comparativo con Allianz ed Axa si vede chiaramente come Generali abbia molto da recuperare in termini di performance (e di market cap).

In 20 anni Allianz ha reso il 719%, Axa il 433%, Generali “solo” il 186%.

È comprensibile che qualcuno punti a fare un grosso player finanziario con Generali nella struttura complessiva.

Andrea Boffa
andrea.boffa@norisk.it