Diversificare il portafoglio: alternative ai fondi comuni

Diversificare il portafoglio: alternative ai fondi comuni

Diversificare il portafoglio: alternative ai fondi comuni 

In questo articolo rispondiamo alla domanda di un utente, che ci ha scritto per capire come investire un capitale importante in modo equilibrato, generando flussi annuali senza compromettere la crescita del patrimonio. 

“Buongiorno, sono un risparmiatore di 40 anni e dispongo di un capitale ereditato di 400mila euro. Vorrei investire con una strategia che possa produrmi dei flussi annuali con cui integrare il reddito. La mia banca mi ha profilato con un rischio medio (3 su 5).
Quali sono le precauzioni da adottare e quale portafoglio potrebbe essere a me indicato?” 

Una situazione piuttosto comune: un capitale da investire, l’obiettivo di generare reddito integrativo, e il bisogno di trovare il giusto equilibrio tra rendimento, rischio e sostenibilità nel tempo.  

 

Come diversificare il proprio portafoglio di investimenti 

Il nostro utente dispone di un capitale di 400mila euro, ha 40 anni e un profilo di rischio medio (3 su 5). Desidera integrare il proprio reddito tramite flussi annuali, senza però pregiudicare la crescita futura del patrimonio. L’obiettivo è quindi trovare un equilibrio tra ricevere cedole o dividendi (che vengono però tassati e non reinvestiti) e la capitalizzazione composta dei rendimenti, che permette al capitale di non erodersi nel tempo. 

Una strategia bilanciata è quindi l’approccio ideale: una parte orientata alla distribuzione e una alla crescita. Attenzione, però, a strumenti che promettono dividendi elevati, poiché potrebbero concentrare il rischio settoriale o geografico, distorcendo l’asset allocation rispetto agli indici globali. 

 

ETF: tra distribuzione di reddito e crescita del capitale 

Un tema da tenere in considerazione quando si scelgono gli ETF come strumento per diversificare il portafoglio, riguarda il compromesso tra la distribuzione di rendimenti e la crescita del capitale nel tempo. Ogni cedola o dividendo incassato viene infatti tassato subito e, non rimanendo nel portafoglio, impedisce la capitalizzazione composta, cioè il meccanismo in cui i rendimenti generano ulteriori rendimenti. Più si punta sull’ottenere un flusso di reddito immediato, minore sarà il potenziale di incremento del patrimonio nel lungo termine. Viceversa, reinvestendo i proventi, si sfrutta la capitalizzazione composta rinunciando però, almeno parzialmente, al flusso periodico desiderato. 

 

ETF High Dividend: vantaggi, limiti e distorsioni 

Proprio in relazione a questo compromesso, è utile approfondire una questione spesso sottovalutata quando si ricerca un rendimento periodico tramite dividendi: alcuni ETF definiti “high dividend“, ad alto dividendo, tendono a modificare la loro composizione per massimizzare le cedole distribuite. Per garantire dividendi elevati, questi ETF ad alto dividendo alterano significativamente l’allocazione di portafoglio rispetto agli indici tradizionali, sovrappesando settori tipicamente “value”, come utility, energetici o finanziari, che storicamente offrono dividendi generosi, ma che al contempo possono essere più vulnerabili durante fasi di stress economico o cambiamenti strutturali del mercato. Allo stesso tempo, tendono a sottopesare aree “growth”, come il settore tecnologico o alcune economie emergenti, dove le società reinvestono gli utili invece di distribuirli, puntando così a incrementare il valore nel tempo. 

Questa distorsione comporta due conseguenze principali: riduzione della diversificazione ed aumento del rischio di concentrazione settoriale o geografica. Di fatto, scegliendo ETF focalizzati esclusivamente su dividendi elevati, si rischia di perdere il beneficio della diversificazione globale e di esporsi maggiormente ai rischi specifici di determinati comparti o Paesi. Pertanto, sebbene questi prodotti possano apparire interessanti per chi cerca rendite elevate, è opportuno inserirli in modo selettivo e bilanciarli sempre con strumenti che seguano indici di mercato ampi e diversificati, preservando così la solidità e l’equilibrio complessivo del portafoglio. 

 

Titoli obbligazionari e ETF a distribuzione: come generare flussi 

Una volta chiariti questi aspetti, una possibile soluzione pratica potrebbe essere quella di impostare un portafoglio che dedichi una parte rilevante, ad esempio circa il 70%, a strumenti finanziari orientati alla distribuzione periodica di cedole e dividendi, così da soddisfare l’esigenza di integrare il reddito attuale.
Si tratterebbe in prevalenza di obbligazioni investment grade, sia governative sia societarie, affiancate da ETF azionari selezionati specificamente per la distribuzione di dividendi sostenibili, evitando però quelli con distorsioni eccessive descritte in precedenza. 

 

ETF a capitalizzazione: investire nella crescita di lungo termine 

Allo stesso tempo, per preservare e possibilmente incrementare il capitale nel lungo termine, sarebbe appropriato mantenere una quota minore, indicativamente il 30%, investita in strumenti che reinvestono automaticamente i dividendi (ETF a capitalizzazione). Questa porzione del portafoglio, non distribuendo subito i proventi, favorisce la capitalizzazione composta dei rendimenti, mitigando il rischio che l’intero capitale si eroda o perda valore reale nel tempo. 

Per impostare concretamente un portafoglio coerente con questo obiettivo, è opportuno allocare circa il 70% del capitale in strumenti finanziari che distribuiscano cedole o dividendi, così da assicurare il flusso periodico desiderato. In questa porzione rientrano sia obbligazioni sia una quota di ETF azionari dividend, selezionati con criteri di qualità. Per evitare distorsioni eccessive, possono risultare adatti iShares MSCI World Quality Dividend (ISIN: IE00BYYHSQ67) e Fidelity Global Quality Income (ISIN: IE00BYXVGZ48). Questi due ETF si focalizzano su titoli che offrono dividendi significativi, senza discostarsi troppo dagli indici globali. Resta opportuno destinare circa il 30% del capitale a ETF azionari a capitalizzazione, che reinvestono i rendimenti e contribuiscono alla crescita nel lungo periodo, evitando un’erosione progressiva del patrimonio. 

 

Come costruire un portafoglio personalizzato: il ruolo della consulenza finanziaria 

Costruire un portafoglio efficiente, che bilanci correttamente la necessità di reddito e la crescita del capitale, richiede un’analisi attenta delle caratteristiche dei singoli strumenti e una gestione consapevole dei rischi. Affidarsi a una consulenza indipendente consente di individuare le soluzioni più adatte alle proprie esigenze, ottimizzando la strategia di investimento e riducendo gli effetti negativi di scelte poco bilanciate. Un approccio su misura è fondamentale per garantire una gestione del patrimonio realmente sostenibile nel tempo. 

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Marcello Rubiu
marcello.rubiu@norisk.it

Sono laureato in Scienze Statistiche e in Economia e Commercio alla Università Cattolica di Milano. Dopo un esperienza nel comparto industriale mi occupo di investimenti dal 1999 e sono socio fondatore di Norisk.