18 Giu La voce di NoRisk – Turbolenze nei mercati europei: fuga al dollaro e trionfo delle Big Tech USA
La scorsa settimana, a seguito delle incerte elezioni europee con “l’avanzata della destra” in Francia e in Germania e con la mossa a sorpresa di Macron che ha indetto nuove elezioni nazionali si è creata l’occasione per il trade perfetto:
- Vendere banche UE;
- Vendere titoli di stato “periferici”;
- Vendere euro;
- Compare bund tedeschi;
- Comprare Nasdaq, S&P 500 e dollaro.
Il grafico che precede mostra chiaramente (tutto in Euro) che gli indici azionari fino a prima delle elezioni erano rialzisti e correlati, mentre l’ultima settimana ha visto FTSE MIB e CAC 40 stornare e gli indici americani continuare a salire.
Gli indici italiani e francesi principali sono pieni di banche e le banche sono piene di titoli di stato.
Questa “sfortunata relazione” tra banche e stati rende alcuni paesi attaccabili in momenti di turbolenza.
L’economia europea più al debole al momento è quella tedesca, ma essendo il bilancio del loro paese il più solido in assoluto in fasi di “flight to quality” si vendono BTP, OAT, BONOS e si comprano BUND.
Come già visto in altri momenti i BUND sono i titoli di stato sicuri per eccellenza e gli unici che mettono al riparo da turbolenze.
Sono anche gli unici che danno rendimenti reali (al netto dell’inflazione) molto bassi e in tanti momenti negativi ma è il “prezzo” da pagare per comprare il benchmark in una UE frammentata.
Per dare un’idea dei rendimenti attuali:
- Bund tedesco 10Y 2,39%;
- Oat francese 3,15%;
- Btp italiano 3,94%.
Se si considera che l’inflazione è ancora superiore al 2% si ottiene un rendimento reale positivo solo dai BTP e marginalmente dagli OAT. Il Bund da un rendimento reale vicino allo zero.
A livello UE le turbolenze potrebbero durare qualche settimana in attesa di vedere i risultati delle elezioni francesi (secondo turno previsto 7 Luglio).
La coabitazione tra Macron e il RN di Marine Le Pen sarà un banco di prova importante e ci farà capire il nuovo atteggiamento francese verso le politiche europee.
Alla fine in Italia abbiamo visto che un governo di destra euroscettico a livello tattico prima delle elezioni di 2 anni fa, sia poi stato totalmente allineato alle politiche UE e all’adesione atlantica. Le parole in campagna elettorale sono slogan, quando si governa è un’altra storia.
La Francia con un enorme debito pubblico e con un’economia debole dovrà far molta attenzione ai conti se non vorrà vedere i suoi OAT a rendimenti non sostenibili.
Passando dall’altra parte dell’oceano, Apple, all’ultima conferenza di presentazione dei nuovi prodotti ha confermato che è pronta ad entrare nel mondo dell’intelligenza artificiale attraverso una partnership con OpenAi (dove Microsoft ha una partecipazione).
Il grafico di Apple ad 1 mese parla chiaro: andamento “laterale e sonnolento” fino a che sono state pronunciate le parole magiche AI: il titolo ha fatto + 10% in due sedute riportando il titolo a superare i 3 trilioni di dollari di market cap.
Oggi in US abbiamo tre aziende Apple, Microsoft e Nvidia che insieme si avvicinano ai 10 trilioni di dollari, cifra che non si riesce nemmeno a leggere.
Per dare un’idea, una banca europea di successo capitalizza 60-70 miliardi di euro, una società di enorme successo come LVMH capitalizza 352 miliardi di euro.
Le società americane in questione capitalizzano 9 volte circa LVMH.
Stiamo parlando di un altro mondo: con una ventina di titoli si arriva al peso mostruoso del 50% dell’indice S&P 500, quindi gli altri 480 pesano tutti insieme come i primi 20. Mai nella storia è capitato un fenomeno del genere e deve far riflettere sul costo-opportunità di essere investiti in US.
Che senso ha parlare di diversificazione se di fatto mi sto esponendo a poche società?
Come si vede dalla tabella, il sottoindice information technology pesava sull’indice S&P 500 nel 2019 appena il 23%, mentre oggi il 32,6%.
Di fatto comprare America significa comprare tecnologia e poi le big 5 o 7 come preferite, comprare l’indice mondiale significa avere 60% di azioni americane.
La sostanza è che ogni risparmiatore volente o nolente comprando fondi od ETF internazionali compra America.
Questo lo si vede anche nel rapporto di cambio Eurusd dove l’euro in alcune fasi prova a recuperare contro dollaro, ma la forza dell’economia US unita al differenziale dei tassi rende arduo essere sottopesati di dollaro.
Ogni volta che il cross Eurusd si avvicina a 1,10 si ha un veloce ritracciamento e un buon recupero del dollaro.
Vale la pena ricordare che il tasso BCE sui depositi è al 3,75%, mentre i fed funds US sono al 5,25-5,5%.
Un differenziale del genere rende improbabile, nel breve, un grosso indebolimento del dollaro.
Chiudiamo con una nota veloce sulla minaccia UE di introdurre dazi sulle auto elettriche cinesi fino al 48%: a mio parere un clamoroso autogol visto che per citare tre nomi quali Tesla, Mercedes e VW costruiscono in Cina per esportare in UE. La sostanza è che pagheremo più cari gli EV e che, sicuramente, la Cina metterà a sua volta dazi sui prodotti UE.
E’ facile per US mettere dazi del 100% per le vetture elettriche cinesi (non ne importano 1 che sia 1), ma per noi europei è un clamoroso autogol dopo aver, sbagliando, “obbligato” i costruttori ad andare tutti sull’elettrico invece di cercare una pluralità di soluzioni tecnologiche poco inquinanti.
Probabilmente con questa mossa si spera di negoziare con i cinesi o di far venire, i cinesi stessi, a costruire in Europa le vetture per evitare i dazi.
Staremo a vedere, ma si conferma molto debole la politica economica ed industriale europea.