La voce di NoRisk – Turbolenze nei mercati europei: fuga al dollaro e trionfo delle Big Tech USA

Articolo che spiega la fuga al dollaro e il trionfo delle Big Tech in USA

La voce di NoRisk – Turbolenze nei mercati europei: fuga al dollaro e trionfo delle Big Tech USA

La scorsa settimana, a seguito delle incerte elezioni europee con “l’avanzata della destra” in Francia e in Germania e con la mossa a sorpresa di Macron che ha indetto nuove elezioni nazionali si è creata l’occasione per il trade perfetto:

  • Vendere banche UE;
  • Vendere titoli di stato “periferici”;
  • Vendere euro;
  • Compare bund tedeschi;
  • Comprare Nasdaq, S&P 500 e dollaro.

Grafico comparativo degli indici azionari europei e americani prima e dopo le elezioni, in Euro

Il grafico che precede mostra chiaramente (tutto in Euro) che gli indici azionari fino a prima delle elezioni erano rialzisti e correlati, mentre l’ultima settimana ha visto FTSE MIB e CAC 40 stornare e gli indici americani continuare a salire.

Grafico delle performance giornaliere e settimanali delle principali borse europee sotto stress

Gli indici italiani e francesi principali sono pieni di banche e le banche sono piene di titoli di stato.

Questa “sfortunata relazione” tra banche e stati rende alcuni paesi attaccabili in momenti di turbolenza.

L’economia europea più al debole al momento è quella tedesca, ma essendo il bilancio del loro paese il più solido in assoluto in fasi di “flight to quality” si vendono BTP, OAT, BONOS e si comprano BUND.

Come già visto in altri momenti i BUND sono i titoli di stato sicuri per eccellenza e gli unici che mettono al riparo da turbolenze.

Sono anche gli unici che danno rendimenti reali (al netto dell’inflazione) molto bassi e in tanti momenti negativi ma è il “prezzo” da pagare per comprare il benchmark in una UE frammentata.

Per dare un’idea dei rendimenti attuali:

  • Bund tedesco 10Y 2,39%;
  • Oat francese 3,15%;
  • Btp italiano 3,94%.

Se si considera che l’inflazione è ancora superiore al 2% si ottiene un rendimento reale positivo solo dai BTP e marginalmente dagli OAT. Il Bund da un rendimento reale vicino allo zero.

A livello UE le turbolenze potrebbero durare qualche settimana in attesa di vedere i risultati delle elezioni francesi (secondo turno previsto 7 Luglio).

La coabitazione tra Macron e il RN di Marine Le Pen sarà un banco di prova importante e ci farà capire il nuovo atteggiamento francese verso le politiche europee.

Alla fine in Italia abbiamo visto che un governo di destra euroscettico a livello tattico prima delle elezioni di 2 anni fa, sia poi stato totalmente allineato alle politiche UE e all’adesione atlantica. Le parole in campagna elettorale sono slogan, quando si governa è un’altra storia.

La Francia con un enorme debito pubblico e con un’economia debole dovrà far molta attenzione ai conti se non vorrà vedere i suoi OAT a rendimenti non sostenibili.

Passando dall’altra parte dell’oceano, Apple, all’ultima conferenza di presentazione dei nuovi prodotti ha confermato che è pronta ad entrare nel mondo dell’intelligenza artificiale attraverso una partnership con OpenAi (dove Microsoft ha una partecipazione).

Grafico di un mese delle azioni Apple, evidenziando il rialzo dopo l'annuncio sull'AI

Il grafico di Apple ad 1 mese parla chiaro: andamento “laterale e sonnolento” fino a che sono state pronunciate le parole magiche AI: il titolo ha fatto + 10% in due sedute riportando il titolo a superare i 3 trilioni di dollari di market cap.

Oggi in US abbiamo tre aziende Apple, Microsoft e Nvidia che insieme si avvicinano ai 10 trilioni di dollari, cifra che non si riesce nemmeno a leggere.

Per dare un’idea, una banca europea di successo capitalizza 60-70 miliardi di euro, una società di enorme successo come LVMH capitalizza 352 miliardi di euro.

Le società americane in questione capitalizzano 9 volte circa LVMH.

Stiamo parlando di un altro mondo: con una ventina di titoli si arriva al peso mostruoso del 50% dell’indice S&P 500, quindi gli altri 480 pesano tutti insieme come i primi 20. Mai nella storia è capitato un fenomeno del genere e deve far riflettere sul costo-opportunità di essere investiti in US.

Che senso ha parlare di diversificazione se di fatto mi sto esponendo a poche società?

Tabella delle performance del settore information technology sull'S&P 500 dal 2019 al 2024

Come si vede dalla tabella, il sottoindice information technology pesava sull’indice S&P 500 nel 2019 appena il 23%, mentre oggi il 32,6%.

Di fatto comprare America significa comprare tecnologia e poi le big 5 o 7 come preferite, comprare l’indice mondiale significa avere  60% di azioni americane.

La sostanza è che ogni risparmiatore volente o nolente comprando fondi od ETF internazionali compra America.

Questo lo si vede anche nel rapporto di cambio Eurusd dove l’euro in alcune fasi prova a recuperare contro dollaro, ma la forza dell’economia US unita al differenziale dei tassi rende arduo essere sottopesati di dollaro.

Ogni volta che il cross Eurusd si avvicina a 1,10 si ha un veloce ritracciamento e un buon recupero del dollaro.

Grafico del cambio EUR/USD nel contesto dei tassi BCE e Fed

Vale la pena ricordare che il tasso BCE sui depositi è al 3,75%, mentre i fed funds US sono al 5,25-5,5%.

Un differenziale del genere rende improbabile, nel breve, un grosso indebolimento del dollaro.

Chiudiamo con una nota veloce sulla minaccia UE di introdurre dazi sulle auto elettriche cinesi fino al 48%: a mio parere un clamoroso autogol visto che per citare tre nomi quali Tesla, Mercedes e VW costruiscono in Cina per esportare in UE. La sostanza è che pagheremo più cari gli EV e che, sicuramente, la Cina metterà a sua volta dazi sui prodotti UE.

E’ facile per US mettere dazi del 100% per le vetture elettriche cinesi (non ne importano 1 che sia 1), ma per noi europei è un clamoroso autogol dopo aver, sbagliando, “obbligato” i costruttori ad andare tutti sull’elettrico invece di cercare una pluralità di soluzioni tecnologiche poco inquinanti.

Probabilmente con questa mossa si spera di negoziare con i cinesi o di far venire, i cinesi stessi, a costruire in Europa le vetture per evitare i dazi.

Staremo a vedere, ma si conferma molto debole la politica economica ed industriale europea.

 

Andrea Boffa
andrea.boffa@norisk.it