
25 Mar La voce di NORISK SCF – Wall Street in ritirata? Anche i gestori fanno un passo indietro
La settimana passata c’è stato il consueto sondaggio mensile di BOFA tra i gestori professionali. Ebbene anche i gestori, dopo i consumatori e gli investitori individuali, nel mese di Marzo, “hanno gettato la spugna”.
Trump ha colpito tutti e nemmeno i professionisti hanno mantenuto, fino in fondo il sangue freddo (nella realtà molti rispondono in un modo, ma si comportano diversamente). Apparentemente c’è una “fuga” dal mercato azionario americano, ma non è proprio così.
E se i soldi escono dagli indici azionari US dove si dirigono?
In primo luogo sui treasury US che sono visti come un porto sicuro, poi a seguire borse europee e cinesi. In Europa le banche continuano ad attirare capitali.
Non c’è da stupirsi quindi se da qualche mese il mondo finanziario sta prendendo delle strade insolite, ma la domanda è quanto può durare?
Se allunghiamo lo sguardo a 3 anni il DAX tedesco ha reso il 17% all’anno contro il 10% circa dello S&P 500, tutto in Euro termini.
La narrativa popolare dice “America”, la realtà dei numeri, grazie soprattutto a Trump, dice Europa.
Questo per rasserenare gli animi di chi pensi che fuori dagli Stati Uniti, dalle mag 7 e dalla tecnologia non esista nulla. Non è esattamente così. Allo stesso tempo non si può essere così ingenui nel pensare che senza la borsa americana si possa avere un’ Europa o una Cina che salgano all’infinito.
Occorre altresì dire che, anche dopo la correzione, lo S&P 500 non sia a buon mercato. Siamo sempre nella parte alta dei vari multipli.
Il premio valutativo sin qui è stato giustificato dalla forza delle grandi aziende tech e dai loro incredibili bilanci: per tale ragione si è coniato il termine “eccezionalismo” americano. Ma se viene meno la forza delle big l’impalcatura è ovviamente più fragile.
In questo momento le revisioni al rialzo degli utili per azione dell’indice sono in fase calante: detto diversamente le stime degli utili futuri potrebbero abbassarsi visto che un eventuale rallentamento economico non potrebbe non impattare anche sulle aziende quotate.
Tesla continua a non essere favorita dalla figura di Musk e oramai la battaglia con BYD è persa: l’andamento di borsa non mente!
Nei giorni scorsi è uscito un articolo sul FT che nutre molti dubbi sui conti della società: in particolare come mai un’azienda con un cash accumulato di 37 miliardi di dollari ha acceso nuovi debiti per 6 miliardi?
Altri dubbi sono anche sull’attivo e sul valore reale degli investimenti fatti.
Nella pagina che segue, il grafico a 3 anni di Tesla Vs BYD.
Staremo a vedere, diciamo che le big 7 sono diventate 6 e che, di fatto, al posto di Tesla dobbiamo considerare Broadcom e Berkshire Hathaway a livello di capitalizzazione di mercato.
Concludiamo con una notizia su un paese che negli ultimi anni ha oscillato da paese occidentale democratico a paese autoritario: la Turchia.
Il principale candidato dell’opposizione al regime di Erdogan è stato arrestato e la lira turca (e la borsa) sono crollate.
Ora non è la prima volta che in Turchia avvengono situazioni poco chiare, ma in questa fase storica di crisi dove focolai di guerre, rivolte e movimenti di destabilizzazione sono all’ordine del giorno, una nuova crisi in Turchia non è certamente positiva per quell’area geografica.
Nonostante tassi sulle obbligazioni anche al 40%, la divisa da meno di 5 lire turche per euro una decina di anni fa oggi vale 41 contro euro!
Immaginate ripagare debiti internazionali in euro e/o in dollari con una svalutazione simile: quando ci avviciniamo ai paesi emergenti occorre sempre fare moltissima attenzione e alcuni paesi sono nettamente più a rischio di altri.