Ottimizzazione fiscale dividendi vs investimenti diretti

ottimizzazione fiscale dei dividendi in investimenti diretti

Ottimizzazione fiscale dividendi vs investimenti diretti

Il sistema fiscale italiano non è certamente benevolo con i soci delle SPA o delle SRL.

Ipotizziamo un reddito ante imposte della società di Eur 100.000

La società paga IRES+ IRAP intorno al 28% a livello nominale (il tasso effettivo applicato dipende dalla tipologia d’azienda e da quanti costi indeducibili ci siano).

Ma semplifichiamo e ipotizziamo che il 28% sia un numero “preciso”.
La società quindi dopo aver pagato Eur 28.000 di imposte si trova con un utile netto di Eur 72.000.

Ora la società può:

  • Portare l’utile a nuovo e/o alla riserva legale e/o straordinaria;
  • Distribuire l’utile ai soci
  • Distribuire parzialmente e portare l’utile non distribuito ad incremento del patrimonio.

 

Due esempi per analizzare le casistiche diverse

Ipotizziamo che la società sia ben patrimonializzata e che l’utile venga interamente distribuito.

Immaginiamo che l’azionista sia unico per semplicità di calcolo.

Il dividendo di Eur 72.000 subisce una ritenuta a titolo definitivo del 26% pagato mediante F24 dalla società per conto del socio.

Il dividendo netto quindi in tasca al socio persona fisica ammonta ad Eur 53.280 e si vede subito come dai 100.000 euro di utile lordo iniziale il 47% è stato mangiato dalle imposte.

Supponiamo che la persona fisica decida di investire i 53.280 Euro in borsa totalmente in azioni.

Ipotizziamo dopo 3 anni che abbia guadagnato il 25% pari ad Eur 13.320 lordi.  Su questi 13.320 si paga il 26% (sono trattenuti dalla banca come sostituto d’imposta). Il netto dopo la vendita e il pagamento dell’imposta ammonta ad Eur 63.137.

 

Cosa sarebbe capitato invece se l’azienda non avesse distribuito il dividendo al socio e avesse investito direttamente i 72.000 euro originari di utile netto?

Ipotizzando sempre un 25% di guadagno in 3 anni (7% primo anno, 8% secondo anno, 10% terzo anno) vediamo cosa succede al capitale iniziale in ipotesi che la società paghi imposte per tutti i tre anni ( Non abbia quindi perdite da recuperare). Si ricorda che in azienda il maggior valore degli investimenti genera un componente positivo di reddito in conto economico che viene sottoposto a tassazione annuale.

  • Primo anno- Utile 7% pari ad Eur 5.040, tassazione al 28% Eur 1.411, montante finale Eur 75.628
  • Secondo anno- Utile 8% pari ad Eur 6.050, tassazione al 28% Eur 1694, montante finale Eur 79.985
  • Terzo anno- Utile 9% pari ad Eur 7.199, tassazione al 28% Eur 2.015, montante finale Eur 85.168

Avremo quindi come risultato finale dell’investimento in azioni (dopo aver pagato le tasse)

  • In azienda Eur 85.168
  • Come socio persona fisica Eur 63.137

 

Osservazioni

Appare evidente come la fiscalità generale non premi le distribuzioni di dividendi ai soci (anche se va ricordato che un’aliquota al 26% è sempre più bassa di quella che grava sull’emolumento del socio-amministratore) e che in qualche modo investire direttamente con gli utili della società all’interno della società stessa possa avere senso. Si ricorda inoltre che a differenza che in passato, i soci che percepiscono un dividendo NON maturano più un credito d’imposta, quindi il 26% pagato è a titolo definitivo.

Un altro punto da considerare è il differente trattamento fiscale della parcella del consulente finanziario indipendente.

Ipotizziamo una parcella di Eur 10.000+ IVA all’anno.

  • L’azienda riceve un addebito di Eur 12.200= di cui 2.200 di IVA sono un credito verso l’erario e non un costo. Aumentare i costi in azienda di Eur 10.000 significa abbattere l’utile ante imposte di tale importo e risparmiare quindi Eur 2.800 dalle imposte (IRAP+IRES). La parcella netta ammonterà quindi ad Eur 7.200.
  • Per il privato una parcella da Eur 10.000+ IVA significa un costo finale di Eur 12.200 interamente indeducibile.

La differenza netta è di ben 5.000 Euro.

Andrea Boffa
andrea.boffa@norisk.it